giovedì 20 novembre 2008

INCIPIT



In quest’epoca dove abbiamo dato sfogo alla smodata insaziabilità di progresso e cultura, forse alcune delle parole contenute in questo testo possono apparire anacronistiche.
Oggi disponiamo di un bagaglio di conoscenze estesissimo, indubbiamente conosciamo molto rispetto alle generazioni che ci hanno preceduto.
Avendo i mezzi e le conoscenze scientifiche per esplorare il micro ed il macro cosmo che ci circonda; lavorando per codificare il genoma umano, siamo arrivati ad un passo dal definire con precisione “Come siamo”.

Ma a fronte di tutto questo, la realtà che ci circonda attesta tragicamente, come anche affermava con grande lungimiranza Albert Einstein:

“Non esistono grandi scoperte né reale progresso finché sulla terra esiste un bambino infelice”.

Quindi anche riuscendo a definire con estrema precisione “Come siamo” l’evidenza dei fatti ci porta a credere che in questo riscontro non possano trovare risposta tutte le domande che implicitamente ci poniamo.
Perché pur avendo fatto enormi progressi per comprendere come e dove siamo, sembra che abbiamo voluto consapevolmente lasciare insoluta l’ulteriore domanda: ”Chi siamo?”

Forse possiamo tentare di adottare il rigore scientifico, usato in precedenza?
Possiamo tentare di conoscere la realtà oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile, attraverso la raccolta di evidenze ottenute tramite l'osservazione?
Forse l’osservazione può rappresentare un buon metodo per capire chi effettivamente siamo, ma come in ogni buon approccio scientifico, occorre sapere quale sia il soggetto dell’osservazione.
Ammettendo per ipotesi che tale metodo possa essere efficace, quale sarebbe il soggetto su cui focalizzare l’attenzione?
Possiamo guardarci intorno, osservando chi ci circonda, ma credo che gli elementi che potremmo raccogliere sarebbero parziali e soggettivi, limitati al punto di vista della nostra osservazione e troppo superficiali per dare una risposta ad una domanda così importante.

Meglio sarebbe, se potessimo focalizzare l’attenzione più in profondità, volgendo lo sguardo verso il nostro essere interiore, guardando attraverso la nostra Anima potremmo aspirare ad avere un quadro oggettivo, perché nulla di noi sarebbe nascosto.
L’esplorazione dell’Anima è un cammino solitario, alla ricerca delle risposte che nessun’altro può dare, questo viaggio va affrontato con onestà intellettuale, senza negare l’evidenza a noi stessi.

Se devo essere onesto con me stesso allora devo incominciare da qui il mio viaggio, come dichiarava Sophie-Jeanne Sojmolov Swjetschin:

“Il miglior modo di giudicare lo stato della nostra anima è di osservare la natura delle sue necessità e delle sue aspirazioni”.